Associazione MEDITATIO
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Letture
Un buon testo può indurre alla meditazione, sostenere o accompagnarla.
Gli autori di questi saggi sono: Lapo Chittaro, Annunziata Candida Fusco e  Sergio Gandini,
a cui rivolgiamo il nostro "Grazie".

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Byung- Chul Han sembra proporre una libertà dalle emozioni (l’antica apatheia o atarassia) attraverso la coltivazione dei sentimenti e degli stati d’animo duraturi. Questi sono legati ad una coltivazione dell’interiorità e ad un’economia dell’attenzione diversa dall’iperattezione del multitasking diffusa e superficiale, ovvero ad un’attenzione profonda frutto della coltivazione della capacità contemplativa.
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L'Apophthegmata Patrum è il titolo tradizionalmente dato a diverse collezioni di Detti dei Padri del Deserto. Si tratta originariamente di letteratura orale poiché questi detti furono tramandati da monaco a monaco, e solo successivamente trascritti, approssimativamente verso il V secolo d.C., alcuni in lingua copta, all’interno della quale occorrerebbe distinguere tra almeno tre dialetti differenti, altri in greco o altre lingue ancora. Sinteticamente si può dire che questi scritti contengono storie di saggezza che descrivono le pratiche spirituali e le esperienze dei primi eremiti che vissero nel deserto.
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Tucidide, Guerra del Pelopnneso

In questi momenti in cui la guerra reale torna proprio in Europa è facile cadere nello sconforto e nella prostrazione. 
Come possiamo invece alimentare semi positivi di consapevolezza? Questa è la domanda che il meditante deve avere sempre fissa davanti a sé, come la sua autentica aspirazione, nelle difficoltà sia della propria vita personale sia in quelle delle contingenze storiche in cui si trova a esistere. 

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La morte del monaco buddhista vietnamita Thich Nhat Hanh avvenuta lo scorso 21 gennaio e l’improvviso scoppio della guerra Russia – Ucraina del 24 febbraio mi hanno portato a rivalutare la modalità di presentazione di questo breve contributo cui stavo pensando all’esito del primo evento sopra citato. Rileggendo il testo che qui propongo, mi sono accorta dell’attualità del suo messaggio. Perciò, andando al di là di una breve commemorazione di un maestro zen di grande seguito, non posso che evidenziare la consueta profetica scrittura del monaco trappista, Thomas Merton.
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"Solo quando non c’è più né concentrazione né meditazione puoi arrivare a conoscere il Dao. Solo quando non abiti in alcun luogo e non pratichi alcunché puoi trovare riposo nel Dao. Solo quando non segui alcuna via e non hai alcun metodo puoi arrivare al Dao.”  A patto di non interpretare queste parole nei termini di una dichiarazione di scetticismo estremo, credo che sia difficile trovare in qualsiasi altro testo una formulazione più rigorosa e coerente della Via Apofatica. Riusciamo a stare davvero con questo Assoluto di Silenzio?

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Alla domanda dell’amico Schlik, se i colori fossero qualcosa di logico o di empirico, facendo l’esempio del tale rinchiuso nella stanza rossa in grado di vedere solo il rosso, Ludwig Wittgenstein rispose: «Se qualcuno non esce mai dalla sua camera, sa tuttavia che lo spazio continua, che esiste cioè la possibilità di uscire dalla camera (avesse pure le pareti di diamante), non è quindi un’esperienza: è insito nella sintassi dello spazio, a priori».

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Tutti vogliono avere successo; siamo considerati di successo quando le cose vanno proprio nel modo in cui noi desideriamo. Quindi, fallire significa che le cose sono andate proprio nel modo in cui non volevamo. E allora? Pema Chodron si chiede dunque: Come affrontare il fallimento? Come fallire? E poi, come arrivare a “fallire meglio”?

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Il nucleo centrale dell’argomentazione filosofica di Malebranche potrebbe essere sintetizzato e presentato in questo modo anche al lettore non versato nelle questioni filosofiche: come potrebbero gli esseri umani muovere anche solo un braccio se non sanno precisamente neppure che cosa si debba fare per muovere un dito? Solo Dio stesso può essere la causa reale del movimento del nostro braccio che avviene in occasione dell’esprimersi dell’atto della nostra volontà. 

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Il Taccuino di Jiddu Krishnamurti è frutto di una scrittura giornaliera che segue sempre il medesimo andamento: esprimendosi sempre in terza persona, l’uomo inizia solo con osservare tutto quanto lo circonda, qui e ora, senza esprimere nessun giudizio, ma con una immedesimazione assoluta che testimoniano una perfetta armonia con la Natura in cui si trova immerso; improvvisamente, egli passa ad esprimere qualche riflessione, qualche contenuto che potremmo anche considerare filosofico o sapienziale, con assoluta naturalezza, seguendo il filo segreto di un pensare intimo e libero da ogni schema.
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​Charlotte Joko Beck per un verso ci aiuta a vivere lo Zen nel quotidiano; per l’altro ci porta per mano nelle nostre psicosi, ossessioni, fissazioni, facendoci esplorare la mente e guidandoci verso la luce. Ma ci ricorda sempre che essere illuminati, in fondo, non è niente di speciale. 
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Ho letto e frequentato tanti poeti nel corso degli anni, ma Bashō per me non rappresenta solo un poeta importante tra gli altri, è la Poesia. Oggi il lettore interessato dispone di numerose traduzioni e di valide bibliografie intorno a questo poeta, ma un tempo non era così. Del tutto casualmente venni in possesso di un libricino oggi pressoché introvabile: Poesie di Bashō nella collana La Meridiana, stampato a Firenze nel 1944. Fu un satori. Fu l’inizio.

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Ezra Bayda (Atlantic City, 1944) dopo avere praticato secondo la tradizione di Gurdgjief, nel 1978 si avvicina allo Zen, seguendo Taizan Maizumi roshi (insegnante Zen che ha combinato gli insegnamenti Soto e Rinzai) e Jakusho Kwong roshi (scuola Soto). Nel 1992 diventa discepolo di Charlotte Joko Beck, da cui riceve la trasmissione del Dharma nel 1998 presso lo Zen Center di San Diego, dove ha continuato ad insegnare fino al 2019. 

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Il De rerum natura di Lucrezio rientra nel filone epico-didascalico, in cui tradizionalmente le opere venivano composte nel numero di sei libri o multipli di sei. Benché lo stato delle ricerche non permetta attualmente di escludere nessuna ipotesi, opterei per una scelta deliberata, per una estrema volontà di testimoniare, fino il fondo, la natura irrisolta e irresolubile del Mistero che avvolge la Realtà.
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​Il Chuang-tzu è probabilmente il testo mistico al quale amo di più tornare:
l’ho letto e riletto, come bisognerebbe fare per ogni grande classico in epoche differenti della vita
e, ogni volta, si rivela come una scoperta e un’avventura inesauribile.

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